Centri Storici
PROCENO
Proceno sorge su un erto colle vulcanico, con poderose difese naturali. Il paese, a 418 m sul livello del mare, è vicino al confine con la Toscana e si affaccia sulla valle del Paglia e su Monte Rufeno.
Le sue origini sono etrusche e una leggenda narra che Proceno fu fondata dal re Porsenna, dal quale prese sia il nome che il simbolo dello stemma della città con il cinghiale che lo attaccò e che fu dal re miracolosamente ucciso.
Con la donazione di Matilde di Canossa, Proceno entrò a far parte dei domini della Santa Sede, ma in seguito fu occupato dalle truppe dell’imperatore Enrico IV, da cui si liberò per intervento di Papa Pasquale II, che assegnò il borgo alla diocesi di Orvieto. Verso la fine del XII secolo, Proceno divenne feudo dei conti Aldobrandeschi; nel 1210 fu occupata dalle truppe di Ottone IV, ma presto fu nuovamente sottoposta alla Santa Sede. Per tutto il XIV secolo Proceno rimase sotto il protettorato senese, poi fu conquistata dagli Sforza. Ben presto tornò alla Santa Sede, prima che Papa Pio III la concedesse al cardinale Guido Ascanio Sforza. Nel 1694 Proceno passò sotto la famiglia Mazzanti. Dopo un periodo di qualche forma di autogoverno, la città subì una soppressione pontificia, dalla quale uscì solo nel 1870 con l’annessione allo stato italiano.
Nel centro storico Papa Gregorio V, nel 997, fece costruire l’imponente “Rocca”; il cardinale Guido Ascanio, invece, il Palazzo Sforzesco nel 1550; appena fuori dal paese, sorge la chiesa gotica di S. Martino; gotico fu anche il primitivo impianto della chiesa parrocchiale dei SS. Salvatore, parzialmente ricostruita dopo il terremoto del 1919, mentre di fondazione cinquecentesca è la piccola chiesa della Madonna del Giglio, con affreschi attribuiti alla scuola Zuccari.
ACQUAPENDENTE
Acquapendente si trova all’estremo limite settentrionale del Lazio, al confine con l’Umbria e la Toscana a 426 m sul livello del mare. È attraversata dalla moderna Via Cassia, l’antica Via Francigena. Il leone rampante sul suo stemma è il simbolo di un popolo indomito e vittorioso. Vi sono resti di epoca etrusca e romana, ma le più antiche testimonianze della sua esistenza considerano la città una roccaforte dell’imperatore Ottone I. Nel XII secolo, Acquapendente fu occupata da Federico Barbarossa. Nel 1166, il popolo insorse contro il governo imperiale dal quale, come narra la leggenda, riuscì a liberarsi incoraggiato dalla miracolosa fioritura di un ciliegio secco, ancora ricordata ogni anno a maggio con la sfilata dei Pugnaloni (grandi quadri religiosi e allegorici realizzati con petali di fiori e foglie). Nel 1434 fu conquistata dal duca di Milano, Francesco Sforza. Nel 1443, papa Eugenio IV riconquistò la città.
Nel 1642, fu saccheggiata dalle truppe di Odoardo Farnese e nel 1649 divenne sede vescovile della città distrutta di Castro e la Basilica di S. Sepolcro venne elevata a Cattedrale.
Il 20 settembre 1870, fu annessa allo Stato italiano.
Acquapendente ha monumenti importanti: la Cattedrale di S. Sepolcro, costruita intorno all’anno 1000 A.D da Matilde di Westfalia e completamente rinnovata nel XVIII secolo con una cripta romanica a imitazione del Santo Sepolcro di Gerusalemme; Chiesa di S. Francesco, impreziosita da un portale gotico; Palazzo Viscontini, edificato nel 1581, su progetto di Ippolito Scalza; la Torre Julia de Jacopo, residuo delle fortificazioni medievali; la Torre dell’Orologio, detta “del Barbarossa”, memore del potere imperiale; il monumento di Girolamo Fabrizio (chiamato “l’Acquapendente”), il grande chirurgo amico di Galileo Galilei.
ONANO
Famosa per la piantagione di lenticchie, Onano sorge in posizione elevata sopra una rupe tufacea, a 510 m sul livello del mare. Il simbolo della città è l’Agnus Dei, forse per la particolare devozione che gli Onanesi avevano verso S. Giovanni Battista. Probabilmente per la desinenza latina -anus, il nome ricorda un antico proprietario terriero aristocratico che aveva grandi proprietà nella zona.
La prima testimonianza dell’esistenza di Onano è in un documento del XII secolo che nomina il conte Marcantonio di Montemarte proprietario del borgo. All’inizio del secolo successivo passò sotto la signoria di Orvieto e nel 1355, Innocente VI concesse per dieci anni metà della città a Pietro Farnese e Albertozzo Ricasoli, riservando per la Santa Sede la restante parte; questo perdurò fino al 1398, quando Berardo dei Monaldeschi della Cervara divenne visconte di Onano. Il dominio dei Monaldeschi si estinse nel 1561 e nel 1707, Onano passò infine sotto il controllo diretto della Chiesa.
Rimangono parti delle mura e l’imponente Palazzo Madama costruito nel XIV secolo e successivamente ampliato e restaurato dai Monaldeschi della Cervara. Nella chiesa di S. Maria della Concezione si venerano i resti di S. Trifone e di S. Colomba, patroni di Onano; nella chiesa campestre della Madonna del Piano vi è un affresco di Pastura e nella chiesa della Madonna delle Grazie si possono ammirare affreschi trecenteschi di scuola senese.
Tra i cittadini più illustri si possono ricordare il cardinale Prospero Caterini (organizzatore del Concilio Vaticano I), Marcantonio Pacelli (ministro dell’Interno di Pio IX e fondatore dell’Osservatore Romano), Ernesto Pacelli (fondatore del Banco di Roma), Teonilla Peconi (madre della divina Lina Cavalieri, definita “la donna più bella del mondo”). Eugenio Pacelli, nipote di Marcantonio e futuro papa Pio XII, che trascorse la sua infanzia a Onano.
GROTTE DI CASTRO
Le origini del paese risalgono all’epoca etrusca quando, nel corso della seconda metà dell’VIII sec. a.C. fu fondato, sull’altura a sud-est del borgo medievale denominata “Civita”, un abitato del quale non si conosce il nome antico.
Della città etrusca non rimane ormai che qualche tenue traccia, mentre numerose sono le necropoli rinvenute nel territorio (Vigna la Piazza, Centocamere e Pianezze) i cui corredi funerari sono esposti nel Museo Civita. L’antico insediamento, sopravvissuto alle incursioni dei Romani, rimase in vita fino all’arrivo dei Longobardi, quando venne devastato e gli abitanti superstiti costretti a trovare riparo in luoghi più sicuri. Fu così che in una vicina altura sorse l’attuale paese di Grotte di Castro, chiamato in origine Castrum Cryptarum per la presenza di numerose grotte scavate nel tufo. Grotte appare menzionato per la prima volta nel 1077 in un atto di donazione della Contessa Matilde di Canossa, che concesse parte dei territori che deteneva nella Tuscia alla Chiesa. Nel 1118, il vescovo di Orvieto Guglielmo, dopo aver celebrato un sinodo nella chiesa di San Giovanni in Val di Lago consacrò la chiesa di San Pietro Apostolo. Gli anni seguenti furono caratterizzati da lotte di potere che videro Grotte conteso tra Viterbo, Acquapendente e Orvieto; fu proprio sotto il dominio degli Orvietani che, nel 1186, la città venne cinta di mura. Questo periodo buio terminò nel 1537 quando il Papa costituì il Ducato di Castro concesso alla famiglia Farnese, includendovi anche Grotte. Sotto questa casata la città visse un periodo di prosperità, arricchendosi di edifici e di chiese: vennero edificati il Palazzo Comunale, il Palazzo di Innocenzo Iuzzi e la Basilica Santuario di Maria SS. Del Suffragio. Per l’edificio Comunale (oggi sede del Museo Civita) venne chiamato l’architetto Jacopo Barozzi da Vignola. Con la fine del Ducato di Castro nel 1649, Grotte passò definitivamente in mano alla Chiesa dalla quale si affrancò nel 1870, quando entrò a far parte del Regno d’Italia.
SAN LORENZO NUOVO
San Lorenzo Nuovo è un rimarchevole esempio di borgo settecentesco, su modello urbanistico dell’Illuminismo, situato nella parte settentrionale del bacino del Lago di Bolsena, in corrispondenza dell’incrocio tra la via Cassia e la strada Maremmana.
Fu fondato tra il 1772 e il 1779, per intervento di Clemente XIV e Pio VI, su progetto di Francesco Navone, trasferendovi la popolazione da un più antico borgo, chiamato San Lorenzo alle Grotte (perché circondato da cavità scavate nel tufo) situato vicino al lago di Bolsena, in una zona che, nel XVIII secolo, era diventata malsana.
Nella ricostruzione fu fondamentale il sostegno del cardinale Braschi, poi Pio VI, da grande mecenate quale era, attese a numerose opere di recupero del territorio.
Pio VI era infatti particolarmente interessato alla costruzione della chiesa parrocchiale, del convento dei frati cappuccini, del cimitero e dell’intero borgo.
San Lorenzo Nuovo è ricco di terreni fertili e irrigui ed è dedicato sia alle colture intensive che a quelle estensive. Oggi la cittadina è conosciuta per l’ottima qualità delle patate che produce, dalle quali la famosa “Sagra degli Gnocchi” che si svolge ogni anno nella settimana di agosto. Nella fertile campagna che dalle colline porta alle sponde settentrionali del Lago di Bolsena, detta anche Val di Lago, è ancora possibile vedere i resti della splendida architettura cinquecentesca della chiesa ottagonale di San Giovanni in Val di Lago, progettata dall’architetto Pietro Tartarino.
San Lorenzo Nuovo, situato su una collina, con le condizioni atmosferiche più salubri della zona, domina dall’alto il versante settentrionale del Lago di Bolsena, che offre uno splendido panorama.
GRADOLI
La porzione più antica della città fu costruita durante l’Alto Medioevo su uno sperone di tufo situato a 485 m sul livello del mare. Nel suo territorio sono sempre stati presenti ottimi vitigni di Aleatico e Greghetto, tanto che sullo stemma della città è raffigurato un solenne leone rampante di fronte a un tralcio di vite che raccoglie grappoli d’uva.
Il nome Gradoli deriva probabilmente dal diminutivo medievale “graduli”, a sua volta in relazione con il latino “gradus”, riferendosi alla natura della zona con gradini che scendono verso il lago.
Già all’inizio del XII secolo Gradoli era una città molto importante e solo un secolo più tardi divenne libero comune, ma fu assoggettato da Orvieto, provocando la collera del Papato. Nel 1269 venne raggiunto un compromesso secondo il quale i Podestà di Gradoli venivano eletti a turno dal comune di Orvieto e dal Rettore del Patrimonio di S. Pietro. Nel 1328 il borgo fu parzialmente distrutto dalle truppe di Ludovico il Bavaro; nel 1394, fu occupato dai bretoni; nel 1411, papa Giovanni XXII lo concesse in feudo a Poncello Orsini. Papa Gregorio XII ne concesse metà ai Farnese, che nel 1464 diventarono gli unici signori di Gradoli. Dopo la fine dello Stato Farnese, il paese visse un periodo di tranquillità.
A sinistra della porta principale del centro storico è ancora visibile una porzione della fortificazione medievale, che comprendeva anche il castello, parzialmente demolito nel 1513, per consentire la costruzione del Palazzo Farnese, voluto dal cardinale Alessandro (futuro papa Paolo III); progettato da Antonio da Sangallo il Giovane e recentemente restaurato, oggi ospita il Municipio, la Biblioteca Comunale e il Museo degli Indumenti Farnese. Accanto al palazzo sorge la chiesa di S. Maria Maddalena, in stile barocco, con campanile settecentesco che termina in una cuspide.
LATERA
Latera sorge a 508 m sul livello del mare, sopra un colle. La sua posizione, marginale rispetto al grande bacino del Lago di Bolsena e alle grandi vie di comunicazione, ha probabilmente determinato l’origine del nome che, se venisse dal latino “Latera”, significherebbe “sul margine, a fianco”.
Il suo stemma è caratterizzato da una torrione in alto che indica sia la fermezza delle fortificazioni che la fierezza degli abitanti. In basso, c’è anche un cervo inseguito dai cani che ricorda la ricchezza della selvaggina nei boschi circostanti.
La prima testimonianza dell’esistenza di Latera è contenuta in un documento dell’inizio dell’XI secolo, che parla della chiesa di S. Martino, nei pressi del paese. Papa Gregorio VII, intorno al 1080, concesse il borgo ai conti Aldobrandeschi; nel secolo successivo fu sottomessa da Orvieto e successivamente distrutta dalle truppe di Ludovico il Bavaro.
Nel 1351, fu conquistata da Giovanni di Vico, ma nel 1353, il cardinale Albornoz riuscì a portarla sotto il diretto dominio della Santa Sede. Concesso nel 1418 da Papa Gregorio XII a Ranuccio Farnese, il borgo non fu direttamente coinvolto nella fondazione del Ducato di Castro (1537). Amministrata dai discendenti di Bartolomeo Farnese, visse un lungo periodo di pace e prosperità, fino alla nascita dello Stato Italiano.
Al culmine del paese sorge il Palazzo Ducale, costruito nel XVI secolo dai Farnese; nel 1603, Mario Farnese fece erigere la Chiesa di S. Clemente, dotata di un campanile settecentesco di stile borrominiano; Pietro Farnese, nel 1648, fece costruire una fontana monumentale insieme al primo acquedotto; nella grangia di S. Pietro, si trova il Museo della Terra, con antichi strumenti di vita quotidiana contadina.
VALENTANO
Valentano è posto su un colle a 538 metri slm. Nascosto tra il paesaggio collinare circostante si trova il Lago di Mezzano, un gioiello naturalistico ed archeologico.
L’origine del nome non è certa; probabilmente deriva da “Valente”, nome del proprietario dei terreni del futuro insediamento del borgo. Il territorio di Valentano è stato occupato dall’uomo sin dall’antichità. Ci sono tracce dell’Età del Bronzo, resti di ville rustiche romane e di fortificazioni con necropoli longobarde.
Le prime notizie certe sul borgo risalgono agli anni 813 e 844 conservate nelle Abbazie di Farfa e San Salvatore sul Monte Amiata. Nel 1053 è documentata l’organizzazione di Valentano come libero comune con la pieve di San Giovanni Evangelista e la Rocca difensiva, poste nel sito attuale. In questo periodo il paese subì distruzioni, incendi e ricostruzioni, passando sotto il dominio di Orvieto e Viterbo. Il successivo sviluppo del borgo e la sua storia sono legati al dominio della famiglia Farnese che dal 1354 ne fece uno dei centri più importanti del Ducato di Castro.
Alla fine del dominio farnesiano il territorio di Valentano venne annesso allo Stato Pontificio e poi al Regno d’Italia.
La Rocca Farnese, situata su uno dei punti più alti di Valentano, è stata oggetto di un lungo restauro dalla fine degli ’70 ai primi anni ’90 del secolo scorso. Dal 1996 ospita il Museo della preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese che espone reperti databili dal paleolitico fino all’età del Ferro e ceramiche legate alla famiglia Farnese e alla storia del borgo.
Altri siti di rilievo sono la chiesa di S. Giovanni Evangelista, il Santuario della Madonna della Salute, la chiesa di S. Croce, il palazzo comunale e palazzo Vitozzi e il Lago di Mezzano.